di Maria Gianniti
Sharea Mahmoud è una delle strade che affacciano su Piazza Tahrir. Per molto tempo, dalla caduta di Mubarak, è stata la tavolozza dove gli street writers hanno disegnato le loro opere.
Il desiderio di uno di loro era quello di disegnare il volto di Giulio Regeni. L’immagine sorridente del giovane ricercatore di Fiumicello… Purtroppo questa immagine non è mai apparsa lungo quella strada anche perché il muro su cui gli artisti del Cairo si sono sbizzarriti non esiste più, o meglio, ne è rimasta una piccola parte, controllata a vista dalle forze di sicurezza.
L’immagine di Regeni però è apparsa su un muro a Berlino, a disegnarla sempre uno street writer egiziano che però da tempo ha lasciato il suo paese.
Oggi, a sei mesi dalla scomparsa di Regeni, è nostro dovere tenere vivo il suo ricordo. Un dovere che deve essere ancora più sentito in queste settimane di follia collettiva dove attacchi terroristici a Istanbul, Dacca e Nizza, un tentativo di golpe fallito in Turchia, la sparatoria di un giovane disadattato a Monaco, ci hanno travolti anche come mondo di informazione.
Sappiamo fin dall’inizio chi sono i responsabili della morte di Regeni, ma i loro nomi non ci verranno dati mai dalle autorità egiziane.
Malek Adly, avvocato per i diritti umani, incontrato qualche giorno dopo il ritrovamento del corpo di Regeni lo aveva raccontato a noi giornalisti: i segni sul cadavere del giovane ricercatore erano la firma delle torture delle forze di sicurezza egiziane. Da settimane anche lui e’ finito nelle carceri egiziane e le notizie sulle sue condizioni di salute non sono rassicuranti.
La repressione in Egitto non è inferiore a quella che vediamo in questi giorni in Turchia dove magistrati, accademici, giornalisti e semplici insegnati sono finiti il liste di proscrizione se non in carcere.
Da mesi al Cairo non abbiamo più l’ambasciatore. Il nostro governo ne ha nominato uno nuovo, ma ancora non si sa quando arriverà. Nessuna lettera di gradimento è stata presentata alle autorità egiziane.
La madre di Giulio Regeni ha chiesto all’esecutivo che il nuovo rappresentante diplomatico non venga mandato fino a quando le autorità egiziane non si mostreranno più collaborative per fare luce sulla morte di suo figlio e il Ministro degli Esteri Gentiloni ha ribadito che solo delle risposte da parte degl inquirenti del Cairo potranno sbloccare il tutto.
E allora oggi, a sei mesi dalla scomparsa di Regeni, rendiamo virale l’immagine con il suo sorriso. Per chiedere ancora una volta la verità sulla sua morte.