di Vittorio Di Trapani
“Una richiesta di aiuto venuta dall’inferno, quell’inferno creato per la stampa. È la mano tesa di un giornalista arrestato per aver fatto il suo lavoro e che spera nella solidarietà dei suoi colleghi in tutto il mondo”. Queste le parole con le quali si è rivolto a tutta l’Europa, e a ciascuno di noi, Can Dundar, direttore del quotidiano turco Cumhuriyet, arrestato e in isolamento da oltre 40 giorni.
E a queste parole sentiamo il dovere di dare una risposta.
Sentiamo il dovere di stringere quella “mano tesa”. Per questo, giovedì 21 alle ore 11, l’Usigrai e la Fnsi, insieme ad Articolo 21 e Reporter Senza Frontiere, saranno davanti all’ambasciata turca (Via Palestro, 28, Roma). Alla iniziativa hanno già aderito l’Associazione Stampa Romana, diverse altre associazioni di stampa regionali, Amnesty International Italia, e movimenti come #NoBavaglio.
Abbiamo scelto la data del 21 gennaio, perché in quella data si terrà l’udienza del processo contro Ceyda Karan, giornalista turca sempre del quotidiano Cumhuriyet, finita sotto processo per aver ripubblicato le vignettemdi Charlie Hebdo. Karan fu ospite del Congresso Usigrai a dicembre, e dal palco chiese a tutti noi di “illuminare” quanto sta avvenendo in Turchia, la rapida cancellazione di diritti e libertà democratiche.
Questa è la prima risposta a lei, e a Can Dundar. Arriva dall’Italia.
Ma non possiamo fermarci. La mobilitazione deve rapidamente estendersi a tutta l’Europa.
Perché i governi che stanno trattando l’ingresso della Turchia nell’Unione europea non possono chiudere gli occhi.
Ma anche perché un pericoloso e contagioso vento di autoritarismo sta soffiando su tutto il continente.
Il caso della nuova legge sui media approvata in Polonia è solo l’ultimo caso in ordine cronologico.
E poi non possiamo dimenticare quanto l’Ungheria.
Al punto che il Comitato per la protezione del giornalismo (Cpj), ong con sede a New York, ha puntato il dito direttamente contro l’Unione europea: “Astenendosi dal chiedere conto ai suoi stati membri, la Ue non difende in modo risoluto e coerente la libertà di stampa” scrivono gli autori del rapporto, i giornalisti Jean-Paul Marthoz e Cortney Radsch, affermando che in Ungheria “i media pubblici sono diventati dei portavoce del governo”, sottolineando che “la pubblicità di stato à diventato il mezzo per ricompensare gli amici e punire le voci dell’opposizione”.
Per questo chiederemo e sosterremo ogni mobilitazione che verrà decisa a livello europeo, a partire dalla Federazione europea dei giornalisti, e da tutte le associazioni e movimenti transnazionali.
Convinti che l’Unione europea debba essere prima di tutto unione di valori democratici, baluardo e culla delle libertà che si sono affermate nel nostro continente prima che altrove.
E convinti che nessuna ragione economica, nessuna lotta al terrorismo, possa giustificare la riduzione dei diritti e delle libertà.
Anche perché la conoscenza, la cultura, i libri, sono lo strumento più forte di crescita di un Paese, e l’unica arma davvero efficace contro gli integralismo e il terrorismo.