Ci hanno promesso una Rai trasformata e pluralista. Ci chiediamo se nel “cambio della narrazione” sia compresa – all’interno di tg e programmi di approfondimento – anche la pubblicità dell’attività commerciale riconducibile alla famiglia di un collaboratore/artista della Rai.
Non uno qualunque, ma il conduttore dei programmi di informazione di Raiuno, già pensionato della Rai, già direttore del Tg1 e infine artista per difendere i suoi compensi dal tetto fissato per i dirigenti Rai a 240mila euro (con le polemiche che ne seguirono).
Il tutto nel silenzio del vertice di viale Mazzini.
In un’azienda come la Rai dove anche per presentare un libro al circolo dei lettori bisogna chiedere un’autorizzazione, vorremmo sapere se e perché è stato consentito che un programma di approfondimento andasse in onda dalla masseria di famiglia del collaboratore che la conduce.
Chi ha consentito che nei servizi dei Tg finisse in primo piano il marchio di detta masseria; una attività commerciale dove è possibile prenotare un soggiorno, organizzare un evento o un pranzo, anche attraverso le maggiori piattaforme online.
Perchè codici etici, regolamenti di disciplina, iter autorizzativi vigenti in azienda per tutti, dipendenti e collaboratori, non hanno suggerito di trovare soluzioni che evitassero di intrecciare il lavoro di un collaboratore e gli interessi commerciali della sua famiglia.
I vertici della Rai sul punto non hanno ancora risposte.
Il sindacato dei giornalisti chiederà direttamente a loro, all’amministratore delegato e al direttore generale di spiegare come sono andate le cose e valuterà le iniziative necessarie.