30 anni fa in Somalia veniva ucciso Marcello Palmisano, telecineoperatore della Rai e del Tg2


È stato ricordato a Roma con una iniziativa voluta da Libera e dalla famiglia di Marcello, con la partecipazione di colleghi e amici; arricchita dalla proiezione di servizi con le immagini realizzate da Marcello in diverse parti del mondo.

Marcello Palmisano era entrato in Rai negli anni 70 come assistente operatore ed era diventato poi giornalista per immagini, un telecineoperatore.
Con la sua telecamera aveva raccontato tante guerre, come quella in Libano. Tra gli ultimi lavori, lo ha ricordato Fabrizio Feo, ex inviato del tg2 e poi del tg3, l’inchiesta per l’omicidio di Don Peppe Diana.
Un patrimonio di professionalità e competenze, quello dei telecineoperatori della Rai, che una stagione sindacale, sociale e aziendale certamente diversa da quella attuale, aveva consentito di riconoscere per il suo valore giornalistico.
Un contributo professionale, quello del giornalista per immagini, che la Rai di oggi deve attualizzare e valorizzare, come ha detto il Consigliere di amministrazione della Rai Roberto Natale.

Per Adelaide, la figlia di Marcello Palmisano, un filo rosso unisce le storie di chi come suo padre lavorava e lavora oggi per la ricerca della verità, anche a rischio della propria vita.
Davide, il figlio di Marcello, ha ricordato come l’uccisione di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin e l’anno seguente di Marcello Palmisano, abbiano segnato la sostanziale fine dell’interesse dell’informazione italiana verso la Somalia, un Paese con il quale l’Italia ha legami storici legati al periodo coloniale.
Il ricordo di Marcello, anche per la presenza in sala di tanti colleghi, testimonia la passione per il giornalismo e per la Rai al servizio dei cittadini che tutti crediamo debba essere tenuta viva. Cosi come deve rimanere viva la richiesta di verità e giustizia per i tanti operatori dell’informazione uccisi per il solo fatto di voler raccontare qualcosa che altri volevano nascondere.