di Fabrizio Feo
“Non ho più fiducia nella giustizia, sono stanca di essere presa in giro” ha detto al Tg3 luciana Alpi. E come si fa a non comprendere il dolore, lo sgomento e finanche la rabbia di una madre che da ventitré anni attende giustizia, e prima ancora risposte , che chiede alle istituzioni di questo Paese di sollevare il macigno fatto di bugie ,depistaggi, ignavia ma anche ambiguità e tradimenti, tesi palesemente inconsistenti, squallide o di comodo, che hanno circondato la fine di Ilaria Alpi, l’inviata del tg3 uccisa con il tele cineoperatore Miran Hrovatin il 20 marzo del 94 a Mogadiscio, mentre era sulle tracce di traffici di rifiuti e affari illegali tra l’Italia e la Somalia.
Luciana Alpi e il padre di Ilaria, Giorgio, ora scomparso, si sono sentiti accusare di aver fatto pressioni per sapere, per capire, come se fosse un delitto chiedere la verità . Una verità che poteva essere trovata , se non si fosse perso tempo , se una fitta nebbia non fosse stata stesa da mano umana, se ,insomma, si fosse davvero voluto indagare.
Che l’agguato di Mogadiscio ad Ilaria e Miran sia legato al lavoro che stavano svolgendo in Somalia- indizi ed elementi alla mano – lo pensano in tanti. E’ la pista a cui portano anche tanti documenti desegretati dal Parlamento negli ultimi due anni.
E’ la convinzione di molti, che hanno provato ad indagare ,nel corso di questi 23 anni : dal pm Giuseppe Pittitto al giudice delle indagini preliminari di Roma Emanuele Cersosimo, che arrivò a negare l’archiviazione del procedimento chiedendo nuove indagini , affermando che il delitto Alpi- Hrovatin era un delitto su commissione per far tacere i due reporter.
E da ultimo è arrivata la la sentenza della Corte d’Appello di Perugia per il processo di revisione di Hashi Omar Hassan, unico condannato per l’omicidio, assolto per ‘non aver commesso il fatto’: Alì Rage , detto Gelle, il falso testimone che, con il suo racconto inventato o suggerito, ha spedito in carcere per 16 anni Hashi Omar Hassan, viene definito dai giudici di Perugia “soggetto che ben potrebbe essere stato coinvolto in un’attività di depistaggio di ampia portata di cui non era in alcun modo consapevole, attività di depistaggio che ben possono essere avvalorate dalle modalità della ‘fuga’ del teste e dalle sue mancate concrete ricerche”.
Per la prima volta nel caso Alpi la parola “depistaggio” la scrivono dei giudici, i giudici di Perugia. E la stessa Procura Generale di Perugia punta il dito su una quantità di circostanze inspiegabili, sospette o manifestamente anomale che hanno contrassegnato ricostruzioni e indagini.
Ed ora la Procura di Roma ha aperto un nuovo fascicolo di indagine. Così anche perché le istituzioni diano finalmente risposte sul caso Alpi Hrovatin è stato indirizzato un appello al Capo dello Stato Mattarella .
Un appello promosso da Legambiente e dal Comitato di Redazione del Tg3 cui hanno aderito don Luigi Ciotti, la Federazione della Stampa, l’Usigrai e Articolo 21 ,perché si sappia anche che c’è chi la verità non smetterà mai di cercarla.