di Riccardo Cucchi
Ha fatto in tempo a vedere la sua ” moviola” in campo. Aldo Biscardi è stato un innovatore. Ha smosso le acque un po’ stagnanti della televisione irrompendo con un nuovo linguaggio. E dividendo, accendendo discussioni.
Aveva capito prima di altri, ed insieme al Enrico Ameri primo conduttore del ” Processo ” che era giunto il momento di portare in tv le chiacchiere da bar. Che era cioè giunto il momento di dare dignità giornalistica e televisiva ad un modo di vedere il gioco del pallone. Non più commenti riservati solo ad un’ élite ristretta di firme prestigiose, ma una lettura del calcio che si avvicinasse al comune sentire popolare. Quello che appunto animava le chiacchiere da bar, il lunedì mattina. Abilissimo prima in regia, da dove appariva con fulminei camei, poi direttamente al timone in studio. Il successo della trasmissione fu immediato e travolgente. Grazie anche ai protagnisti che lo stesso Biscardi promuoveva al rango di personaggi di una commedia dell’arte calcistica assolutamente rivoluzionaria, in bilico tra spettacolo e notizia, in bilico tra verità e finzione. Chi si trovava dall’altra parte credeva e non credeva agli ” scub” veri o costruiti.
Ma era sempre pronto a perdonare Aldo perché intuiva il sottile gioco nel quale era trascinato. Aldo è stato un geniale comunicatore arrivando, prima di altri, a capire dove la televisione sarebbe andata. E le voci che si accavallavano, le prese di posizione nette, le scelte di campo chiare presagivano un futuro, che qualcuno magari non si augurava, che è arrivato davvero. Il talk con i suoi moderni sviluppi, parte da lì, dal Processo del Lunedì. Biscardi ha vinto le battaglie degli ascolti sulla allora giovanissima Terza rete, una rete che doveva trovare spazi, stretta tra i giganti di sempre. Ma ha vinto anche altre battaglie.
Il più imprevedibile dei successi è quello che ogni domenica è sotto gli occhi di tutti noi: la moviola sui campi di calcio. Allora appariva davvero un traguardo irraggiungibile. Di più: utopistico.
La “supermoviola” a grandezza naturale all’interno della quale si muovevano i calciatori filmati nell’attimo fatale e personaggi reali, in diretta, in studio appariva come una fantastica trovata spettacolare ad uso televisivo. Oggi un arbitri si muove in diretta e si dirige davanti ad un monitor dove passa dinanzi ai suoi occhi, registrato, l’attimo fatale. Davvero, non per ragioni legate allo spettacolo televisivo. È la più grande vittoria di Aldo.
Spesso il successo, il suo essere un vero personaggio, ha posto in secondo piano la solidità del cronista. Perché Biscardi è stato un eccellente cronista. La sua intuizione è stata affinata, come avveniva un tempo, in quelle grandi botteghe artigiane che erano le redazioni. Ed in particolare quella di ” Paese Sera “. Intorno ad Aldo si è anche formata una generazione di giornalisti. Ed anche di opinionisti. E qualcuno, come capita a chi ha avuto successo, ha cercato anche di imitarlo.
Con risultati pessimi, perché senza Aldo quel tipo di TV diventa altro: non una straordinaria rappresentazione scenica ma una banale “litigata” in diretta. Lo ricorderanno in molti. Non solo gli innamorati del calcio orfani di Rozzi, Anconetani, Gaucci e di quel calcio fatto di passione, esagerazione, furbizia e strafalcioni pronunciati in tutti i dialetti italiani; lo ricorderanno anche coloro che vorrebbero un calcio meno autoreferenziale e più ironico. Che non si prenda mai troppo sul serio.
Perché il calcio è la cosa più importante tra quelle meno importanti. E Biscardi lo sapeva benissimo.