di Santo Della Volpe*
Il Senato fermi questa legge sulla diffamazione uscita modificata dalla Commissione Giustizia. E’ peggio di quella, già carente e peggiorativa, approvata dalla Camera il 17 ottobre dello scorso anno. Non solo sono rimasti i punti negativi della legge approvata dalla Camera, ma sono stati ancora peggiorati i delicatissimi articoli che riguardano la rettifica, i blog, il ruolo dei direttori, mentre la nostra richiesta di introdurre una forte deterrenza per le querele temerarie non e’ stata, ancora, ascoltata. Ora è necessario un interventi del governo per modifiche di sostanza ed il sottosegretario Lotti pensiamo che debba far sentire la propria voce, perché è ora in gioco la libertà di espressione e d’informazione nel nostro paese.
Perché le modifiche introdotte al Senato riguardano soprattutto la rettifica ed il web, le testate online, considerate evidentemente troppo libere e incontrollabili. Non solo dovranno rettificare subito, ma soprattutto dovranno cancellare tutto. Per legge. Ci hanno provato con le intercettazioni a mettere il bavaglio, adesso ci riprovano per la diffamazione. Come dice il senatore Pd, Felice Casson “di positivo, nel ddl, c’è che finalmente viene cancellata la previsione del carcere per i giornalisti…”.
Il carcere non c’è più, ma ci sono le multe. Normalmente fino a 10mila euro. Ma fino a 50mila “se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto falso, la cui diffusione sia avvenuta con la consapevolezza della sua falsità”. Rispondono anche, “a titolo di colpa”, il direttore o il vice direttore responsabile. “La pena è in ogni caso ridotta di un terzo”. Ma i due rispondono pure “nei casi di scritti o di diffusioni non firmati”.
Poi c’è la questione delle rettifiche. È scritto nel testo approdato al Senato che “il direttore è tenuto a pubblicare la rettifica gratuitamente e senza commento, senza risposta e senza titolo, con la seguente indicazione “rettifica dell’articolo (titolo) del (data) a firma (l’autore)” nel quotidiano o nel periodico o nell’agenzia di stampa, o nella testata giornalistica online (solo registrate, quindi niente blog?) le dichiarazioni o le rettifiche dei soggetti di cui siano state pubblicate immagini o ai quali siano stati attribuiti atti o pensieri o affermazioni da essi ritenuti lesivi della loro dignità o contrari a verità”. Salvo che queste rettifiche non abbiano un risvolto penale, vanno pubblicate. Per le testate online va fatto “non oltre due giorni”, “con la stessa metodologia, visibilità e rilevanza”. Se non si rettifica entra in scena il giudice che “irroga la sanzione amministrativa”, avverte il prefetto e pure l’ordine professionale. Il quale sospende fino a sei mesi. Ma se la notizia è vera o poi risulta vera, il giornale o sito web o tg deve comunque pubblicare la rettifica? Non è chiaro e soprattutto si mette solo l’organo di informazione in condizione di dover dimostrare la verità di un fatto, come se scrivere una inchiesta o un articolo di denuncia giornalistica significasse andare immediatamente sul banco degli imputati.
Inoltre oltre alla rettifica e alla richiesta di aggiornare le informazioni, l’interessato “può chiedere l’eliminazione, dai siti internet e dai motori di ricerca, dei contenuti diffamatori o dei dati personali”. Addirittura, secondo il testo al senato, l’interessato può chiedere al giudice “di ordinare la rimozione delle immagini e dei dati ovvero di inibirne l’ulteriore diffusione”.
Un errore madornale perche’ e’ profondamente sbagliato trattare il diritto all’oblio come Diffamazione: non solo solo due cose diverse, ma cosi facendo si introduce la facolta’ concreta di chiedere la rimozione di un articolo o blog saltando l’iter giudiziario.
Per di più, alle testate online si impongono tempi molto ristretti per la rettifica: entro due ore. Sono termini davvero molto gravosi e in certi casi ingestibili, impediscono ,ad esempio, il controllo della notizia.
Una legge peggiorata e che rischia di diventare peggio della legge sulla Diffamazione attualmente in vigore dal dopoguerra ad oggi. Meglio fermarsi e cambiare il testo, finché si è in tempo.
Eppure il 6 febbraio scorso, grazie al presidente del Senato Grasso, le modifiche chieste dai giornalisti (Fnsi ed Odg ,con lo Sportello Antiquerele Temerarie)” dalle associazioni,Libera Informazione e Articolo21 in testa, sono state presentate ai partiti della Commissione Giustizia del Senato. Apprezzate e fatte proprie da una maggioranza di senatori che faceva ben sperare nella possibilita’ di introdurre nella legge sulla Diffamazione ,una forte deterrenza all’uso intimidatorio delle Querele, contro i giornalisti che fanno inchieste scomode, sulle mafie come sui potentati economici o la corruzione.
E c’ e’ stata anche una raccolta di firme di Change.org ha raccolto migliaia di firme per chiedere modifiche di “sostanza” alla legge, favorendo il lavoro dei giornalisti onesti ed a “schiena dritta” e contemporaneamente i cittadini che non vogliono vedersi coinvolti nelle varie” macchine del fango”che agiscono ad orologeria nel nostro paese. Anche per questo riteniamo che si debba fare una forte battaglia politica in aula per cambiare gli articoli solo punitivi emersi dalla commissione Giustizia del Senato ed approvare alcuni degli emendamenti proposti (e noi ci auguriamo che per almeno tre o quattro punti suggeriti ci siano modifiche sostanziali).
La maggioranza di governo puo’ e deve intervenire, per cambiare questo testo.
Inoltre, ribadiamo che e’ necessario togliere la mannaia delle querele temerarie in sede di causa civile, che pende sul lavoro dei giornalisti italiani che vogliono far luce su corruzione,mafie e malaffare italiano. Al Senato c’e’ spazio per introdurre di nuovo questa deterrenza,anche in sede civile perche’ nel testo in discussione al senato, e’ solo introdotta in sede penale . E poi la cifra decisa dal legislatore , va da 1000 a 10000 Euro : e’ troppo bassa per essere una vera deterrenza. Andrebbe alzata almeno arrivando “da 3000 a 30000 Euro”.
Avevamo così’ proposto, come gruppo di lavoro dello Sportello contro le Querele Temerarie, l’ aggiunta di un comma alla legge che prevedeva la possibilità’ per il giudice della sezione civile del tribunale, di condannare il querelante ad un risarcimento che andasse ,in percentuale, dal 10 al 50% della cifra inizialmente richiesta al querelato ,nel caso sia dimostrata la manifesta infondatezza della querela e risarcimento connesso,inizialmente richiesto. In questo modo diminuirebbero, secondo gli esperti civilisti, le ” tentazioni ” di ricorrere alla richiesta di risarcimento per impedire articoli scomodi. Ma alla camera l’emendamento che prevedeva espressamente un “Controrisarcimento” del 50% del querelante a favore del giornalista ingiustamente querelato , era stato fatto ritirare a forza dai partiti dell’opposizione, spalleggiati da alcuni dissidenti della maggioranza. Alla Commissione giustizia del Senato non sembra essere approdato alla discussione.
A parziale modifica,per andare incontro alla volonta’ di trovare un accordo tra tutti, abbiamo proposto, una modifica inserendo quale ultimo comma, nell’articolo 96 del codice di procedura civile, rubricato Responsabilità aggravata la seguente frase: “Se risulta che la parte soccombente nel giudizio avente ad oggetto il danno derivante da una pubblicazione ritenuta lesiva della reputazione o contraria a verità ha agito con mala fede o colpa grave e nel contempo risulta accertata la corretta pubblicazione della rettifica prima della notificazione della domanda o la sua omessa richiesta, il giudice, su istanza dell’altra parte, condanna la parte soccombente, oltre che alle spese, anche al risarcimento dei danni da liquidarsi in via equitativa, ma comunque in misura non inferiore al 10% della somma richiesta con l’azione.”
E’ una alternativa possibile e forse piu’ facile da introdurre,comunque da affrontare con una discussione seria ed approfondita . In Commissione Giustizia del Senato, come dicevamo, l’emendamento non e’ passato, nonostante alcune modifiche . Ora tocca all’aula fare un serio percorso di adeguamento di questo articolo alla realta’ attuale che vede le mafie e la corruzione colpire quei giornalisti che vogliono fare informazione seria,usando lo strumento delle Querele Temerarie.
Chiediamo poi che il tetto massimo del danno patrimoniale,introdotto alla Camera dei Deputati, e che approviamo ( per ridurre il margine di discrezionalità nella sanzione) sia proporzionato alla possibilita’ economica del giornalista, non sia una cifra secca, per altro, come dicevamo, alta e spropositata.
C’è’ poi la questione della rettifica, punto negativo,come dicevamo, della riforma, Nella modifica della legge, si introduce giustamente l’obbligo della rettifica,a difesa dei cittadini che si sentono diffamati: ma si esclude il commento del giornalista o direttore alla rettifica richiesta. Perché non lasciare la discrezionalità al giornalista unita all’estinzione del procedimento penale e/ o civile? In poche parole basterebbe introdurre per legge che la rettifica pubblicata senza commento chiude la vicenda con soddisfazione del ” diffamato”. Ma se il giornale ha solide prove in mano a sostegno di quanto scritto in precedenza,perche’ non può tranquillamente controreplicare, ben sapendo che in questo caso si va poi in tribunale a ” vedere le carte”?
Ma non ci vogliamo fermare alle modifiche della legge. Da parte nostra , come giornalisti, va affrontata da subito una discussione per rafforzare l”Ordine dei giornalisti,per riformarne il ruolo in senso deontologico,eliminandone gli aspetti più vecchi e desueti. E’ l’altro aspetto della riforma della Diffamazione che noi dobbiamo esser capaci di offrire alla Pubblica Opinione, in difesa della dignità dei cittadini’ e delle garanzie costituzionali della nostra Societa’.
Osservazioni e criticita’: ci aspettiamo ora che i legislatori tengano conto di queste osservazioni . Sono interventi che tengono sempre presente il punto di partenza di queste proposte,ora come sempre: il diritto dei cittadini ad essere informati correttamente e senza diffamazione si deve coniugare con il diritto- dovere dei giornalisti ad informare senza alcun condizionamento , in piena libertà di coscienza ,nel rispetto della propria deontologia professionale.
Ma senza bavagli e senza usare questa legge sulla Diffamazione per chiudere la bocca ai giornalisti che debbono e vogliono fare informazione libera e inchieste senza pregiudizi o mannaie pendenti sul capo.
Altrimenti tanto vale lasciare la legge attuale ,togliere solo il carcere ed introdurre in sede civile, la deterrenza per le querele temerarie sul modello anglosassone.
*direttore responsabile della testata online “www.liberainformazione.org/”