di Pino Bruno
Da oggi c’è un nuovo giudice in Italia. È l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Il regolamento appena entrato in vigore prevede infatti che Agcom possa intimare agli Internet Provider di rimuovere contenuti illegali in rete. Prima poteva farlo soltanto un magistrato. È stato contestualmente attivato il sito “Il diritto d’autore on line”. Qui i “titolari dei diritti, le associazioni di settore e le società di gestione collettiva possono inviare un’istanza all’Autorità, compilando un apposito modulo, per chiedere la rimozione delle opere digitali diffuse in violazione dei diritti d’autore o dei diritti connessi, sia online che sui mezzi radiotelevisivi”.
C’è chi plaude al provvedimento e chi teme che possa essere un cavallo di Troia per ridimensionare le libertà in rete. I sostenitori si affannano a dichiarare che non saranno perseguiti gli utenti che scaricano di tanto in tanto un film o una canzone. L’obiettivo sarebbero le violazioni massive. Insomma, colpirne uno per educarne cento. Il rischio è di gettare il bambino con l’acqua sporca, perché non è in gioco soltanto il diritto d’autore ma anche quello della libera circolazione delle idee in rete.
Non a caso tra chi si oppone e ha preannunciato ricorsi al TAR ci sono anche l’associazione Nazionale Stampa Online, la Federazione dei media indipendenti (Femi) e l’Open Media Coalition. Anche i provider si sono dichiarati contrari al provvedimento che attribuisce loro il non facile compito di poliziotti del web.
In attesa delle decisioni dei giudici amministrativi del Lazio, restano tutte le perplessità su un provvedimento che, comunque vadano le cose, non risolverà il problema della pirateria professionale su internet. In Francia la legge Hadopi, che prevedeva addirittura il taglio della connessione, si è rivelata un fallimento. Le cose non vanno meglio in Russia, dove Putin ha adottato ad agosto 2013 “la più dura legge antipirateria del mondo”.
A proposito, rendere operativo il provvedimento che prevede l’interdizione dell’accesso ai siti pirata ci costerà quasi 600mila euro, come scrive oggi La Repubblica. Sì, avete letto bene. “Ci costerà”, perché ai detentori di copyright non sarà richiesto di sborsare un solo euro per attivare la procedura. Pagheremo noi per far rispettare i loro diritti.