La riduzione di 150 milioni di euro nel 2014 alla Rai, prevista dal quarto comma del decreto 66/2014, è “incostituzionale” e i consiglieri di amministrazione di viale Mazzini che non votassero per opporsi potrebbero risponderne “personalmente”. A dirlo, Alessandro Pace, già presidente dell’Associazione Italiana dei Costituzionalisti, nella relazione chiesta e presentata dall’Usigrai.
“Non vi sono dubbi sulla manifesta illegittimità costituzionale del quarto comma del decreto”, è il parere di Pace. Quella riduzione sarebbe “appropriazione indebita” in quanto “il canone di abbonamento è un’imposta di scopo e quelle entrate non vanno nel bilancio generale”. Secondo la sua relazione, dunque, “la Rai, lesa da tale decreto legge” avrebbe “un vero e proprio diritto di credito nei confronti dello Stato: un diritto di credito preciso nel suo ammontare – pari a 150 milioni di euro – di cui la concessionaria pubblica ben potrebbe chiedere l’accertamento e la conseguente condanna dello Stato dinanzi al giudice civile non appena il decreto fosse convertito in legge”.
Di conseguenza, aggiunge Pace, “penso che gli amministratori in buona fede non abbiano difficoltà perché la Rai si costituisca in giudizio, rivolgendosi al Tribunale Civile di Roma”. Se così non accadesse, “immagino ci sarà un esposto alla Procura regionale della Corte dei Conti per far valere la responsabilità amministrativa contabile”. E attenzione, conclude Pace, perché “i consiglieri che si opponessero con successo a procedere con il ricorso”, in quanto amministratori pubblici chiamati a “tutelare” l’azienda “sarebbero considerati patrimonialmente responsabili per il danno creato e ne risponderebbero personalmente”.
Ecco il parere dell’avvocato Alessandro Pace, già presidente dell’Associazione Italiana dei Costituzionalisti: scarica il pdf
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