di Andrea Riscassi (@andreariscassi)
Un confronto interessante, un dibattito franco sulla regia unica e sui diritti televisivi nella sala Isma del Senato della Repubblica. Il tutto un po’ macchiato, ai miei occhi, questa mattina dalla lettura di una notizia sulla Gazzetta dello sport. Mentre noi ci confrontavamo alla luce del sole su come migliorare la situazione per meglio rispettare il pubblico, a Milano alcuni presidenti delle squadre italiane di calcio si incontravano con i vertici di Wanda, il colosso cinese che ha comprato Infront. Cena in un albergo milanese con al centro del menù, immaginiamo, come guadagnare sempre di più da quella gallina dalle uova d’oro chiamata calcio.
Nel nostro dibattito, ben organizzato da FmaLab e col sostengo di FNSI e Ordine dei giornalisti, ci si è preoccupati degli stadi vuoti e del diritto di cronaca per chi segue lo sport in tv. Tematiche che dubito interessino a chi vede i tifosi come clienti e il calcio solo come business.
L’incontro è stato diviso in due parti, ma entrambe con un filo conduttore: la critica alla regia unica, a quella che Carlo Paris, direttore di Raisport, ha definito con efficacia sintesi la “regia bucolica”, ossia quella che mostra una immagine edulcorata delle partite del nostro campionato (spesso non mostrando le tribune semi-deserte). Paris ha ricordato, nel suo intervento, anche lo scandalo della regia (unica) cinese cui la Rai ha dovuto dare i conti per la super coppa italiana giocata a Shanghai. Anche da quella pessima diretta (per la qualità delle immagini, con regia imposta al momento dell’acquisto di quei diritti, ricordiamolo) è partito il dibattito nell’auletta dietro il Senato.
Un confronto aperto da Vittorio Di Trapani, segretario dell’Usigrai, che ha voluto ricordare un altro episodio clamoroso degli ultimi mesi: il drone (con telecamere) di Infront che ha quasi colpito uno sciatore. Immagine che è stato possibile rivedere solo grazie alla regia della Rai che aveva, per quella gara, sue telecamere dedicate. Di Trapani ha invocato una collaborazione transnazionale tra le TV pubbliche europee per concorrere all’acquisto dei diritti e battere la concorrenza. Come quella di Discovery che ha acquistato tutte i diritti televisivi delle Olimpiadi dopo Rio e che, presente all’incontro, con l’avvocato Dolores ha sostenuto che la vendita degli eventi sportivi a pacchetti potrebbe maggiormente garantire la concorrenza (e quindi, indirettamente, il pubblico).
Ci ha pensato il presidente della FNSI Beppe Giulietti a rimettere al centro il tema dell’interesse collettivo anche nella vendita dei diritti, chiedendo che le autorità che garantiscono la concorrenza intervengano all’atto della formulazione dei bandi e non successivamente (quando ormai i giochi sono fatti). Un invito ben accolto anche dal Giorgio Greppi dell’Agcom presente al dibattito.
Il secondo tempo dell’incontro era quello deputato a discutere della regia unica, ma essendo stato già trattato l’argomento si è partiti a spron battuto con il regista unico della Lega calcio (dimissionario, finirà l’incarico al termine della stagione) che ha spiegato come il prodotto che confeziona è pensato per una platea internazionale e che, a tal fine, evita le riprese delle scene peggiori del calcio. Per quelle, ha spiegato Popi Bonnici, potete tranquillamente attingere dai social network.
Gli ha subito ribattuto Massimo Corcione di Sky spiegando come il suo gruppo sia insoddisfatto e abbia bisogno di una regia più neutra. In alternativa per confezionare un prodotto migliore Sky deve fare sempre più ricorso alle telecamere dedicate.
Quelle che mancano a noi della Rai per la serie A di calcio, ho spiegato io nel mio intervento. Ricordando come le telecamere negli stadi vengano sottratte anche a quanti (i nostri Tco) proprio grazie alle immagini sono diventati giornalisti, ledendo in questo modo il diritto di cronaca. Leso pure da una regia che non mostra le curve in sciopero o gli striscioni polemici, obbligando l’informazione pubblica a utilizzare foto per i servizi ai tg.
La mattinata si è chiusa col collega di Repubblica che ha spiegato, dati alla mano, come la prova televisiva non sia democratica perché finisce per colpire solo le grandi squadre, quelle seguite da più telecamere.
Alla fine del dibattito gli organizzatori hanno invitato tutti a un secondo incontro, sugli stessi temi, anche coi rappresentanti della politica. Si sta infatti ridiscutendo la Legge Melandri. Per noi giornalisti del servizio pubblico, la speranza è che la riforma possa offrire maggiori garanzie per “lo sport per tutti” anche in tv. Sempre pensando al pubblico e non agli introiti.
Ad maiora.