di Valerio Cataldi
Gridare all’invasione serve solo a spaventare. Non ha nulla a che fare con la realtà, soprattutto la nostra realtà, quella italiana. Gridare all’invasione serve solo a produrre paura e odio, ad alimentare l’intolleranza, a offrire una legittimazione agli squadristi del web e ai picchiatori reali. Ma da noi si grida all’invasione per abitudine, per una reazione automatica. Lo fanno tutti, anche il Servizio pubblico.
E di fronte ai nuovi dati forniti da Frontex torna a mettersi in moto la macchina della paura. È una tentazione troppo forte che però va contro la logica dei numeri. Frontex afferma che “sono triplicati gli arrivi in Europa dall’inizio dell’anno” e che nel solo mese di luglio sono “centomila gli arrivi”. Il titolo per tutti i giornali e telegiornali italiani è questo. Ma centomila arrivati dove? Vale la pena approfondire.
Dice Frontex che la pressione più forte è su due rotte: quella di terra dei Balcani che porta in Ungheria e quella che passa attraverso il mediterraneo e che dalla Turchia porta in Grecia. Per gli arrivi in Italia, invece, segna una flessione. Non lo dice espressamente, ma i dati che fornisce per l’Italia segnano una diminuzione anche piuttosto netta: 90 mila arrivi dall’inizio dell’anno dice Frontex, significa quattordicimila in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. 14mila in meno!
E già, quattordicimila in meno. Si fatica un po’ a crederci. Eppure i nuovi dati parlano chiaro, dice Frontex: “l’Italia ha rilevato più di 20 000 migranti lo scorso mese, portando il numero totale a 90.000 finora nel 2015”. Lo scorso anno erano arrivate al 15 agosto 104.255 persone secondo i dati del Viminale, la differenza fa -14.255. Meno quattordicimiladuecentocinquantacinque. Significa che per la prima volta i flussi migratori non hanno la Sicilia e l’Italia come approdo primario. Allora di fronte a questi dati quale potrebbe essere un titolo adeguato? In che modo dovrebbe comunicare il Servizio pubblico?
Costruire ponti dice giustamente Vittorio Di Trapani, è quello che deve/dovrebbe fare il servizio pubblico per non essere complice di un allarmismo che produce violenza e per rispondere al buonsenso e anche alla logica dei numeri. È una priorità, non possiamo più prescindere dall’avviare un serio dibattito interno per capire cosa comunichiamo e perché.
Dovremmo pretenderlo perché la logica dei numeri è uno degli strumenti che ci consente di sottrarci alla pressione e alla pretesa della politica di orientare le notizie, di usare l’informazione. Dovremmo chiederci sempre a chi giova seminare paura e perchè è così difficile affermare che in Italia ne arrivano di meno, perchè è difficile trovare lo spazio per dire che il lavoro degli stranieri produce ricchezza.
I numeri hanno una logica precisa sia se vengono usati per fare informazione, sia se vengono usati per confondere e servono solo a mettere paura. È importante restare lucidi e prendersi il tempo di leggerli per capire bene, per comunicare correttamente. Ed evitare di seminare paura e odio.