In Germania venerdì scorso è stata approvata la legge anti-Google. Molto presto editori, motori di ricerca come google e siti di aggregazione di notizie dovranno fare i conti con questa nuova legge che non permetterà più i copia e incolla for free e senza licenza.
D’ora in avanti chi vorrà riprendere, citare, linkare articoli non propri dovrà fare i conti con la legge del copyright per il web. Grandi editori e lobby come Springer, l’Associazione tedesca degli editori (BDVZ) e Focus che sin dall’inizio hanno fortemente voluto questa legge ora saranno soddisfatti.
Meno gli attori che credono nel web e nei suoi principi, come ad esempio Spiegel, Die Zeit e Carta solo per citarne alcuni, che all’indomani dell’approvazione hanno dichiarato sul proprio sito di non voler ricorrere alla “Lex Google” aderiranno a questa legge sul invitando utenti, siti e motori di ricerca a linkarli, così come a riprenderne brevi estratti di testo: “Noi viviamo della nostra visibilità in rete”.
Ma in concreto che cosa determina e a chi si rivolge la legge sul copyright? Essa mira in particolare a colpire il monopolio e lo strapotere di motori di ricerca come Google Topsy, Yahoo e aggregatori di notizie come Google News che mettono insieme in modo automatizzato contenuti provenienti da altre fonti e secondo gli editori tedeschi si arricchiscono alle spalle di chi produce contenuti mettendoci molte risorse.
D’ora in avanti per riprendere e ripubblicare parti di testo si dovrà chiedere la licenza al proprietario del contenuto altrimenti sarà consentito riprendere solo il titolo e poche righe, i cosiddetti “snippets” di testo con il link all’articolo originale. Ma di quante di righe o parole si tratta esattamente?
Questo per ora non è chiaro ed è fonte di grande insicurezza. Rivva.de una piattaforma online molto seguita che ripropone gli articoli tedeschi più letti ha già dichiarato che per non vedersi arrivare una lettera di qualche avvocato riproporrà solo i titoli degli articoli con link al testo originale. Un po’ poco naturalmente perché il lettore possa decidere se un pezzo è di suo interesse o meno.
Il direttore di Springer Mathias Döpfner ha definito l’approvazione della “Lex Google” la “decisione giusta da prendere”. Nei proventi che arriveranno dai motori di ricerca e dagli aggregatori per ora non vede “un grosso business”. Il vantaggio a suo avviso risiede nel garantire una sicurezza del diritto e si dice convinto che la “Lex Google” incentiverà gli editori ad investire nel giornalismo, e Google stesso non ne sarà troppo penalizzato. Molto di più essa colpirà gli aggregatori di notizie a partire da Huffington Post fino a Zite.
Secondo uno studio, google porta agli editori tedeschi diversi miliardi di clic all’anno. In Google News vengono indicizzati articoli provenienti da circa 1000 fonti di informazione tedesche.
Dunque davvero la Lex Google è dalla parte degli editori? E davvero è stata voluta solo per salvaguardare il diritto di copyright?
Per rispondere riprendiamo alcune affermazioni e passaggi del discorso di Wolfgang Blau– ex direttore del settimanale culturale tedesco Zeit online da poco al Guardian dove è direttore della strategia digitale – tenuto quasi un anno fa ad un congresso organizzato dal partito dei Verdi su quella che era ancora una proposta di legge sul copyright.
Secondo Blau la discussione nasconde quello che è il vero nocciolo della questione: “un radicale malessere da parte degli editori nei confronti del web e una disperata ricerca di identità”. Gli editori devono trovare una via d’uscita, un capro espiatorio al quale poter addossare la responsabilità di una difficoltà di fondo e dimostrare di potersi ancora imporre sul mercato.
E l’hanno trovato in Google, nel suo strapotere economico e nella sua posizione di monopolio sul web. “La legge in difesa del copyright non è altro che una prova di potere e di forza da parte dell’editore Springer” come di altri che lo hanno seguito.
“E non fraintendetemi perché anche se ho trascorso tanti anni in Silicon Valley e 4 a dirigere Zeit online avendo la possibilità di vedere da vicino ed entrare personalmente in contatto con attori quali Google, Facebook e Amazon posso ben comprendere l’impulso dei gruppi editoriali e lo stato d’animo delle persone che vi lavorano.
Anche loro hanno un sogno, lavorano duro e vogliono realizzare qualcosa di importante, hanno voglia di affermarsi: tutto questo umanamente lo capisco. Solo a mio parere questo impulso e questa volontà sono stati mal indirizzati ed impegnati generando un inutile spreco di energie.” Continua poi Blau “Se Google non esistesse gli editori oggi non starebbero meglio” e aggiunge “se la legge passasse, Google potrebbe decidere di non convogliare più traffico agli editori. Il 15% dei lettori dei Zeit online arriva tramite motori di ricerca”.
Dunque Blau non è d’accordo con la posizione degli editori tedeschi nei confronti di Google e della legge sul copyright perché è convinto che sia un pretesto per problemi ben più radicali che necessitano di altri tipi di soluzione. Più chiaramente nel suo discorso afferma: ”Sarebbe più facile ammettere la verità e cioè dire che abbiamo paura, paura per i nostri posti di lavoro, per la nostra rilevanza sociale, per il nostro futuro professionale, per la nostra identità. Ci siamo imbarcati in una discussione sul copyright facendo credere che fosse in gioco il futuro della democrazia e dell’Occidente…”
Che cosa succederà ora? Altri paesi tenteranno la via della Germania? E Google? Per ora il gigante digitale ha deciso di offrire 2 milioni di sterline alle organizzazioni benefiche e non profit inglesi per sostenere e promuovere progetti tecnologici che ambiscono a “cambiare la società su larga scala”.
Fonte: Natascha Fioretti per European Journalism Observatory (EJO)