di Lorenzo Frigerio (articolo tratto da http://www.liberainformazione.org)
Siamo certi che, anche quest’anno, la giornata nazionale della memoria e dell’impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie, in programma il 21 marzo, a partire da Locri per arrivare agli altri circa quattromila luoghi sparsi in tutta Italia dove quel lungo elenco di vittime sarà letto, riserverà non poche sorprese all’intero Paese, nonostante le incognite della vigilia.
Parlare del 21 marzo, a distanza di qualche giorno, significa fare i conti con le speranze e le incognite che porta con sé la manifestazione promossa da Libera, dai familiari delle vittime, da Avviso Pubblico.
Locri, le incognite
L’incognita numero uno, ormai da ventidue anni a questa parte, è legata alla partecipazione popolare ad una manifestazione che, fin dal suo esordio, ha sempre puntato ad essere legata fortemente alla città, alla regione che attraversava. Ogni anno le previsioni fatte nei giorni a ridosso dell’evento, in ragione dei numeri degli incontri e dei percorsi che hanno anticipato e preparato l’appuntamento finale, gettano sempre qualche ombra pessimistica sulla capacità che Libera sia riuscita ad animare fino in fondo il contesto che dovrà ospitare la giornata del 21. Ci s’interroga, cioè, sulla reale efficacia avuta nei mesi precedenti nella capacità di mobilitazione di paesi e territori: portare in piazza migliaia e migliaia di persone non è mai facile, soprattutto su temi scottanti quali la lotta alle mafie e il ricordo dei tanti che sono stati spazzati via dalla violenza delle mafie, in assenza di eventi sanguinosi come possono essere state le stragi del 1992 in Sicilia o del 1933 a Firenze, Roma, Milano. Si fanno sempre stime al ribasso, per scaramanzia ma anche per non incorrere in delusioni che, poi, immancabilmente e fortunatamente vengono smentite.
Infatti, quando la mattina del 21 marzo le strade della città prescelta per la manifestazione iniziano a riempirsi dei suoni, dei colori, ma soprattutto dei volti, delle voci e delle presenze, non si può far altro che prendere atto del fatto che si è riusciti a mobilitare persone e territori, oltre ogni più rosea aspettativa. E il colpo d’occhio finale che regala la piazza d’arrivo del corteo è la cartolina finale che ognuno dei partecipanti conserverà nel cassetto dei ricordi più preziosi.
Per vent’anni, una grande mano al successo della manifestazione è sempre stata assicurata dai coordinamenti regionali e territoriali di Libera che hanno saputo creare consenso e attenzione, smuovendo le coscienze di giovani e meno giovani; coinvolgendo enti locali e associazioni perché fossero protagoniste dell’evento; organizzando l’arrivo alla piazza prescelta da ogni parte d’Italia, dovunque si andasse a celebrare la giornata e con ogni tipo di mezzo di trasporto. Non si contano più pullman, treni, navi, auto, furgoni, moto e biciclette che hanno solcato le vie e le acque del nostro Paese, nel segno della memoria e dell’impegno, per darsi appuntamento il primo giorno di primavera, per ricordare quanti hanno perso la vita per colpa delle mafie.
Ogni 21 marzo è diventata così anche la festa di un’Italia che non si rassegna alla violenza, all’oblio ma chiede di fare la propria parte, nel segno di quella responsabilità che – ricorda sempre don Luigi Ciotti – deve diventare la cifra del cambiamento epocale nella battaglia contro le cosche.
La seconda incognita che incombe sul 21 marzo di Locri è però data proprio dal venire meno di questo apporto extraregione. Quest’anno, per il secondo anno di fila, ma in modo più sistematico e capillare proprio a partire dalla presente edizione, la formula della moltiplicazione dei luoghi in tutta Italia dove si celebrasse il ricordo delle vittime ha comportato la rinuncia ad avere le consuete e nutrite delegazioni regionali provenienti da tutta Italia. Ogni coordinamento regionale o territoriale di Libera è stato chiamato ad animare il suo territorio, creando così piazze importanti quali Genova, Verbania, Brescia, Udine, Bolzano, Rimini, Ostia, Bari, Olbia, per non dire di Milano, Verona, Trento, Perugia, Roma, Napoli, Trapani. A queste città di rilevanza nazionale, si affiancano numerose scuole e fabbriche, sale consiliari e sedi di associazioni, ma anche carceri e supermercati, dove quei nomi risuoneranno in un silenzio quasi religioso oppure si faranno strada nel normale vociare che accompagna i momenti quotidiani della spesa o del passeggio. Basta scorrere l’elenco dei circa quattromila luoghi della memoria, in costante aggiornamento, per rendersi conto della diffusione dell’iniziativa in tutto il nostro Paese.
A Locri poi marceranno solamente – anche se può far sorridere amaro quest’avverbio, in considerazione delle tante famiglie calabresi cui sono stati sottratti uomini e donne dalla violenza ‘ndranghetista – i familiari della Calabria. Mancherà quindi anche l’apporto di tanti familiari che, dopo l’incontro con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, lasceranno la Calabria per fare ritorno nei loro territori di residenza dove saranno l’anima delle diverse manifestazioni locali.
A fronte del moltiplicarsi di questi “luoghi di speranza”, toccherà quindi a Locri, ma all’intera Calabria battere un colpo per dichiarare la propria presenza, toccherà soprattutto a Locri e alla Calabria farsi “testimoni di bellezza”.
Come reagirà la martoriata terra di Calabria di fronte a quest’ultimo invito ad alzarsi e a far “sorgere il bello”, secondo quanto la stessa radice onomatopeica del suo nome dichiara?
È questa senza dubbio l’incognita più grande.
Inutile nasconderselo, per la Calabria il 21 marzo di Locri è una tappa importante nel processo di liberazione del cancro che la divora ormai da quasi due secoli, una ‘ndrangheta spietata e cinica che ha mietuto vite, saccheggiato territori, rubato democrazia e futuro.
Distorcendo anche valori sacri per l’essere umano quali famiglia e religione, le ‘ndrine hanno imposto la propria legge, non esitando di fronte a nulla e nessuno, crescendo nei decenni in silenzio, mentre la Cosa nostra di Riina sfidava lo Stato, arrivando oggi ad essere una delle organizzazioni leader a livello mondiale del grande business del narcotraffico. Oggi nel mondo la Calabria, purtroppo, è nota più per i traffici di morte della ‘ndrangheta che per la bellezza dei suoi paesaggi, la bontà dei suoi prodotti, l’accoglienza dei suoi abitanti.
Locri, le speranze
Il 21 marzo a Locri, nel cuore della regione, proprio lì dove ogni anno i capi delle locali si trovano al santuario di Polsi per decidere le strategie criminali della loro organizzazione, è il segnale di una riscossa.
È questa la prima speranza che Locri stessa evoca e incarna alla vigilia del 21 marzo. La speranza che la Calabria inizi a essere ricordata per la bellezza che i suoi abitanti e i suoi territori sanno rappresentare.
La seconda speranza è che, dall’incontro in programma domenica 19 tra il presidente della Repubblica Sergio Mattarella e i familiari delle vittime delle mafie, parta un forte messaggio di unificazione del Paese, senza distinzioni di sorta, né tra le vittime stesse, né tra loro e gli altri italiani.
Troppo spesso le vicende dei familiari delle vittime ci raccontano della solitudine loro imposta, come pena accessoria a seguito dell’immane tragedia della perdita del loro caro. Questo è avvenuto tanto per i casi dei più noti, caduti in ragione del loro dovere professionale (magistrati, uomini delle forze dell’ordine), quanto per le storie meno conosciute delle tante donne e uomini, uccisi perché hanno avuto l’unico torto di trovarsi sulla traiettoria di una pallottola vagante. Superata l’emozione del momento, la vicinanza istintiva – non da tutti e non per tutti – cala l’oblio sulla vicenda, quasi che quanto di drammatico è successo fosse una colpa da scontare.
Invece, il percorso dei familiari delle vittime che Libera ha accompagnato in questi due decenni e oltre ci racconta dello straordinario contributo di cambiamento collettivo che può venire dal dolore privato di queste persone, ogni volta che si mettono in gioco sentimenti e vissuti, non per suscitare un’emozione passeggera, ma piuttosto per provocare responsabilità e azioni.
È ora quindi che la storia dei familiari delle vittime diventi storia del Paese, senza che si continui ad idealizzare un Pantheon di eroi nazionali che allontana ciascuno di noi dall’assumerci la propria quota di responsabilità nella battaglia contro le mafie.
L’ultima speranza – che in parte è già divenuta realtà – è questa: il riconoscimento del 21 marzo con legge del Parlamento italiano, infatti, ha aperto una nuova stagione per il nostro Paese che va ben oltre le stesse capacità e forze di Libera, che pure questa legge ha voluto per oltre due lunghi decenni.
Dal prossimo 21 marzo non ci saranno più scuse per gli italiani. Ci auguriamo che ciascuno comprenda come quella data d’ora in poi impegni ciascuno a fare qualcosa nella battaglia contro il malaffare.
Nei prossimi anni, Libera continuerà ovviamente a promuovere con convinzione e con forza il 21 marzo, ma sempre più sarà necessario il sano protagonismo di singoli e associazioni, enti locali e realtà civili e sociali nel farsi carico del ricordo, della memoria di chi è stato ucciso dalle mafie, per far sì che questo non accada più e che la potenza della criminalità organizzata venga progressivamente ridimensionata.
L’augurio è che avvenga per il 21 marzo, quello che è già avvenuto con la legge che promuove l’utilizzo sociale dei beni confiscati alle mafie. Libera ne è stata l’artefice, l’innesco positivo ma il riuso sociale non è assolutamente esclusivo appannaggio di Libera. Senza dover rivangare polemiche recenti e dolorose, non aver capito questo ha portato a letture ed etichette fuorvianti, come quella che definiva Libera come la “holding dei beni confiscati”.
Dopo la legge approvata, il 21 marzo è di tutti gli italiani e tutti gli italiani devono fare qualcosa, senza delegare ad altri (fosse anche Libera) un impegno doveroso che deve impegnare tutte le forze migliori del nostro Paese, secondo quanto ci hanno insegnato Falcone e Borsellino.
Locri, 21 marzo: vedremo solo allora che fine faranno incognite e speranze.