I nuovi vertici cambiano direttori di generi e testate, riaprono agli esterni e tra loro non c’è nemmeno una donna.
Al di là dei nomi scelti è evidente la piena invadenza e interferenza del governo. E la volontà di accontentare maggioranza e partiti.
Il ritorno a un direttore esterno al Tg1 riapre una stagione che sembrava archiviata; uno schiaffo, l’ennesimo, ai giornalisti interni da parte di un vertice incapace di valorizzare le professionalità della Rai, in un momento inoltre di difficoltà economiche per l’azienda.
Anche la scelta di risorse interne alla Rai, restituisce un quadro di spartizioni dettate dalle pressioni dei partiti e del Governo.
Non c’è nessuna esigenza industriale e di prodotto per le sostituzioni nelle direzioni di Tg, Gr, Generi e corporate.
L’unica ragione è la pervicace volontà di controllo del servizio pubblico.
Su questa strada la Rai è destinata a perdere definitivamente la sua natura pubblica per trasformarsi di fatto in una radio-tv di stato alle dipendenze del governo.
Le scelte fatte restituiscono una rappresentazione “maschia” del potere, in spregio alle politiche di genere e di pari opportunità promosse dalla presidenza della Rai. Anche su questo ci aspettiamo che il CdA non si limiti a prendere atto delle nomine e si esprima.
Quello che manca – ancora una volta – è il senso industriale delle scelte fatte. Che dunque appaiono soltanto un modo per imprimere una precisa linea editoriale che questo vertice vuole dare alla Rai per conto della maggioranza e del governo.
Le tensioni politiche e istituzionali che hanno preceduto le nomine Rai evidenziano ancora una volta l’urgenza di una riforma della legge per la nomina dei vertici aziendali.
Serve all’Azienda, ma soprattutto ai cittadini, uno strumento che crei la giusta distanza tra Governo, partiti e vertici della Rai.
Esecutivo Usigrai