Il 29 luglio si avvicina. Non si tratta di una mera constatazione sull’inesorabilità del tempo e del suo trascorrere. Il 29 luglio è il giorno in cui un italiano, Paolo Dall’Oglio, è stato sequestrato in Siria. Sequestrato dall’Isis dopo essere stato espulso da Assad. Una vicenda che parla da sola. Ma quello che ha da dirci è stato largamente rimosso. E rimuovere lui ha significato rimuovere l’enormità della tragedia della Siria e dei siriani. Al sequestrato occorre di non essere solo un cittadino italiano. E’ anche, o soprattutto, un gesuita. Cosa voglia dire vivere la missione sui confini e “nei” confini lo ha dimostrato con la sua vita e con la sua sfida, rientrando in Siria per una missione umanitaria, a Raqqa, nel momento in cui Raqqa stava per cadere nelle mani dei terroristi, ansiosi di spegnere quella voce libera come ansioso di spegnerla era il regime di Damasco.
Ma perché parlare oggi di questa giornata imminente? Perché parlare oggi del quarto anniversario del sequestro di padre Paolo Dall’Oglio, gesuita romano?
Perché si potrebbe pensare di chiedere al mondo dell’informazione di fare del 29 luglio ormai imminente la giornata dei costruttori dei ponti. La giornata di tutti quegli uomini che contro “il facile” si impegnano a costruire ponti, e ci dimostrano che un altro modo di affrontare le sfide dell’oggi è possibile.
Padre Dall’Oglio non va dimenticato, ma va anche capito. Non va “beatificato”, va recuperato come simbolo italiano di una verità molto semplice: costruire di ponti tra fedi, culture, uomini, donne, è possibile. Non siamo condannati ad assistere all’ineluttabile, basta scoprire che c’è tra noi, intorno a noi, chi nella quotidianità si impegna per cambiare in meglio, e non in peggio, per unire, e non per dividere, per dimostrare solidarietà e non per esigerla. Che è il modo migliore poi per ottenerla.
Si potrebbe cominciare oltre che da Paolo da chi opera per dar vita ai corridoi umanitari e dal canale di Sicilia, dal dare volti e raccontare storie di chi è stato salvato nel “mare mostrum”, e fargli dire come abbia visto chi lo ha salvato, perché lo ha salvato, da cosa lo ha salvato… E poi sentire il suo salvatore, per capire chi sia, che vita conduca e perché abbia ritenuto di impiegare il suo tempo così. Nel Mediterraneo ci sono tanti problemi, anche usi del dolore. Ma c’è anche chi viene salvato da morte certa da chi crede che un altro modo di guardare ai nostri vicini sia possibile. Costoro hanno due storie da raccontare: quella dell’inferno che si sono lasciati alle spalle e quella del volto che hanno visto avvicinarsi per tenerli qui, con noi. Si può pensare di raccontare queste storie il 29 luglio? Dove? Dove il mondo dell’informazione vorrà e potrà farle raccontare, insieme a tantissime altre storie di costruttori di ponti che a queste si possono, o si potrebbero unire.
E’ quello che noi dell’Associazione Giornalisti Amici di Padre Dall’Oglio, con il sostegno e l’adesione della Federazione Nazionale della Stampa Italiana, dell’UsigRai e di Articolo 21 chiediamo alla Rai e a tutti gli altri soggetti che converranno con noi.
Vittorio Di Trapani (segretario UsigRai)
Giuseppe Giulietti (presidente FNSI)
Raffaele Lorusso (segretario FNSI)
Riccardo Cristiano (presidente Ass. Giornalisti Amici Dall’Oglio)