Sarà presentato a Roma il 29 maggio al Centro Astalli il libro “Paolo Dall’Oglio. La profezia messa tacere”, un volume curato da Riccardo Cristiano, quale presidente dell’Associazione Giornalisti Amici di padre Dall’Oglio” e pubblicato dalle edizioni San Paolo.
E che non può non prendere le mosse dall’esperienza di padre Paolo, rapito ormai quattro anni fa in Siria dall’ISIS, dopo esserne stato espulso dal regime di Assad. Una vicenda drammatica e illuminante, soprattutto sul “doppio nemico” che opera contro l’uomo in Siria.
“Lontano dal frastuono dei jet militari che fischiavano nei cieli del Libano in guerra, un uomo solitario, dalla corporatura imponente, posava il suo zaino sulla terra polverosa al confine delle terre abitate di Siria. Alle spalle c’era un sentiero impervio, quello che lo aveva accompagnato fin lassù dall’ultimo villaggio abitato.Di fronte a sé aveva il muro di pietra di quel che sembra un antico castello. Una porta di legno era a terra. Sugli stipiti rimanevano i cardini in ferro. Dentro l’oscurità. E poi di nuovo la luce, accecante, di uno spiazzo aperto sul vuoto del deserto siriano. L’uomo arrivava così a toccare il cielo e la terra del convento di san Mosè l’Abissino (Mar Musa al-Habashi): era l’agosto del 1982.
Lui, Paolo Dall’Oglio, vi giungeva di proposito e per caso. Per caso perché una vecchia guida della regione, pubblicata nel 1938, gli aveva indicato l’esistenza delle rovine di un antico monastero a est della strada che collega Damasco con Homs, nel Qalamun orientale, la zona collinare che dolcemente cede il passo alla badiya, l’ampia distesa di steppa. Di proposito perché in quell’estate così densa di avvenimenti per tutto il Medio Oriente, si era liberato finalmente da un impegno di lavoro – come interprete dall’arabo aveva accompagnato in Siria una delegazione della Caritas – per correre alla ricerca di un luogo da molto tempo cercato per aprire il cuore e la mente in un ritiro spirituale. Decise di rimanere a Mar Musa. E la prima notte faticò a dormire per via dei rumori causati dai topi e da altri anima- li che abitavano le rovine, compagni sconosciuti nella natura selvaggia che lo circondava. Il cielo stellato, come lui stesso ha raccontato, lo ha accompagnato in quella prima esaltante esperienza mistica sul selciato dissestato dove molti anni più tardi sorgerà la tenda di Abramo, luogo di incontro, dialogo, riflessione, tra rappresentanti illuminati del cristianesimo e dell’Islam.
Trent’anni dopo, nell’estate del 2012 Paolo Dall’Oglio rimise sulle spalle il suo zaino lasciato all’ingresso di quello che è ora il monastero restaurato e ampliato. La porta non era più a terra. Una nuova, ma sempre impolverata e cotta dal sole, ha ritrovato gli antichi cardini di ferro. Paolo ha ripreso il cammino verso la valle abitata del Qalamun. E ha salutato – forse è stato un addio – la terra che “mi ha stregato dalla prima volta che ci sono passato da turista nel 1973, quando avevo 19 anni. Ho stampato nella mia immaginazione le asperità attraenti delle sue montagne mentre studiavo l’arabo, l’Islam e il Cristianesimo orientale a Damasco nel 1980.”
Comincia così il saggio di Lorenzo Trombetta che apre il volume. Espulso dalla Siria nel 2012 per le sue critiche alla repressione violenta delle manifestazioni pacifiche, è stato sequestrato a Raqqa il 29 luglio del 2013. E da allora nessuna notizia attendibile si è avuta al suo riguardo.
Ora questo libro, pensato dai suoi amici dell’Associazione Giornalisti Amici di Padre Dall’Oglio mette insieme testi di carattere, appunto, giornalistico, sulla sua figura e il suo impegno per il dialogo, e contributi scientifici sul suo pensiero. Sono le due sezioni del libro, intervallate da un’ampia sintesi, curata da Stefano Femminis, di quanto Dall’Oglio scrisse negli anni precedenti il sequestro sul web magazine dei gesuiti, Popoli. Scrive nell’introduzione il confratello padre Federico Lombardi. “ Sono pur sempre le sue parole, soprattutto le ultime – ben scelte nella parte centrale del libro – a toccarci con quella forza e quella passione che ha segnato e continuerà a segnare ogni nostro incontro con lui. Quando ci parla della speranza che lo animava: «La speranza è dell’ordine del combattimento, non delle previsioni» (luglio 2013).”
I contributi della prima parte del libro permettono di ripercorrere le tappe della vita di Paolo, della sua vocazione religiosa, del suo incontro con l’Islam, con la Siria, del suo trovare nell’antico monastero di Deir Mar Musa il luogo dove vivere e condividere la straordinaria esperienza di incontro e dialogo religioso tra cristianesimo e Islam. Perché Paolo è un gesuita, un religioso, un sacerdote, un monaco che più di trent’anni fa, alla vigilia della sua ordinazione diaconale, scriveva ai suoi cari di aver capito, nel discernimento con i suoi Superiori, che la sua «missione è in tre parole: quella di essere prete nella Chiesa in dialogo».
E di esserlo nella Chiesa siriana antiochiana, che risale alla predicazione degli Apostoli, che prega in siriaco come faceva anche Gesù, ma che «non rifiuta di esprimersi in arabo, di pregare in arabo, la lingua dei figli d’Ismaele, dei musulmani, con i quali il Signore l’ha messa a contatto da tanti secoli perché, nella fedeltà e nella sofferenza, si prepari il giorno del riconoscersi di tutti i figli d’Abramo nell’unica Via, la Misericordia del Padre».
A questa missione Paolo è stato fedele con costanza e con il suo straordinario coraggio umano e spirituale, percorrendo una via originale e coerente, in discernimento e dialogo, non senza difficoltà, per continuare ad essere, come aveva promesso, nella Chiesa e nella Compagnia di Gesù. La ricostruzione del monastero di Deir Mar Musa, la fondazione di una nuova comunità monastica, la preghiera e l’accoglienza, i mille incontri e i dialoghi religiosi (“religiosi”, davanti a Dio, non “interreligiosi”, tra confessioni, insiste Paolo) sotto la “tenda di Abramo”… Tutto ciò costituisce eredità preziosa e durevole. Nella linea di una mistica dell’impe- gno sociale (e diciamo pure “politico”) l’itinerario di Paolo giunge infine in questi anni drammatici e terribili a un intercedere, stare in mezzo, a prezzo della vita, ma questo non è l’unico esito del suo servizio e non ne è la fine.
Giustamente in queste pagine fanno capolino nomi ed esperienze che Paolo conosceva bene – Massignon, Charles de Foucault, Christian de Chergé e i monaci di Tibhirine… – che ci aiutano a comprendere che Paolo, pur nell’originalità della sua esperienza, non è solo nella Chiesa. Giustamente leggiamo testimonianze intense di amore e gratitudine dei musulmani che hanno condiviso con Paolo l’esperienza dell’incontro e della speranza «del riconoscersi di tutti i figli di Abramo nell’unica Via, la Misericordia del Padre».
Hanno contribuito a questo importante lavoro di riflessione e memoria:
Nader Akkad, Imam di Trieste, responsabile per il dialogo interreligioso dell’Ucoii (Unione delle comunità e organizzazioni islamiche in Italia);
Paolo Branca, Associato di Lingua e Letteratura Araba all’Università Cattolica di Milano, dove insegna anche Isla- mistica e Storia dei Paesi Islamici;
Laura Silvia Battaglia, giornalista;
Massimo Campanini, filosofo e orientalista. Già docente di Storia contemporanea dei Paesi arabi nella Facoltà di Studi Arabo-Islamici e del Mediterraneo dell’Università di Napoli l’Orientale e professore associato presso l’Universi-tà di Trento. È accademico dell’Accademia Ambrosiana di Milano;
Pierluigi Consorti, docente all’Università di Pisa, tra i fondatori del Centro interdisciplinare “Scienze per la pace”, è stato il vicepresidente del Corso di laurea magistrale in Giurisprudenza. È membro dell’International Consortium for Law and Religion Studies;
Antoine Courban, docente presso l’Università Saint Joseph di Beirut, dove dirige la rivista “Opere e giorni”;
Riccardo Cristiano, giornalista;
Asmae Dachan, giornalista;
Stefano Femminis, giornalista, è stato direttore del web magazine dei gesuiti, “Popoli”;
Shady Hamadi, giornalista e scrittore;
Marco Impagliazzo, docente di Storia contemporanea all’Università di Perugia, è presidente della Comunità di Sant’Egidio;
Luciano Larivera, sj, già scrittore per “La Civiltà Catto- lica”, teologo morale, direttore del centro culturale “Veritas” di Trieste;
Federico Lombardi, sj, già direttore di Radio Vaticana e della Sala Stampa Vaticana, è presidente del Consiglio d’Amministrazione della Fondazione Joseph Ratzinger;
Adnane Mokrani, docente di lingua araba e islamistica presso il PISAI (Pontificio Istituto di Studi Arabo Islamici) e l’Università Gregoriana;
Amedeo Ricucci, giornalista;
Lorenzo Trombetta, giornalista e saggista.