di Roberto Natale
Era stato chiamato Gruppo di Fiesole, anche se il Centro Cisl dove ci trovavamo è ancora parte del Comune di Firenze. Piero Scaramucci era e rimarrà uno dei punti di riferimento di quella grande stagione – seconda metà degli anni Ottanta – in cui il giornalismo italiano cominciò a parlare di carte dei doveri, di diritti dei lettori, di lotta agli intrecci tra informazione e pubblicità.
Per noi giovani d’allora, Piero era il grande giornalista di inchiesta che aveva raccontato la Milano della strategia della tensione, uno dei volti e dei ‘frutti’ più apprezzati della Rai nata dalla riforma del 1975, il sostenitore di un servizio pubblico che poteva e doveva parlare un linguaggio libero quanto quello degli altri giornalisti.
Era politicamente ‘riconoscibile’, ma con un senso fortissimo del valore dell’unità sindacale. Per questo il sindacato meritava anche la fatica apparentemente poco gratificante di una riforma dello statuto, come quella alla quale si dedicò.
Piero Scaramucci è stato tante passioni insieme: professionale, sindacale, civile. Il modello del giornalista ‘non corporativo’. L’annuncio della sua scomparsa dato dall’Anpi ne è la certificazione finale, ma lo sapevamo da sempre. Un abbraccio a Mimosa.