di Andrea Rustichelli – Tgr Marche
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Abbattere, o comunque smussare, la dicotomia regionale/nazionale non significa perdere la vocazione primaria all’informazione territoriale, propria della Tgr. Significa, se mai, rafforzare tale vocazione e svecchiarla, in un’ottica integrata. Certamente il giornalista Tgr parla dei territori, ma non può parlare solo a quei territori. Pena l’autoreferenzialità e il gergalismo connivente, che sono le patologie letali dell’informazione regionale.
Ma facciamo un passo indietro, di contesto. Il progetto di riforma dell’informazione Rai, inviatoci dal dg Gubitosi, è apprezzabile e va nella direzione giusta: in primis quella del buon senso. Le due newsroom che verranno create nel futuro imminente diventeranno infatti un’unica newsroom (Rai Informazione) nella fase ultima del progetto. Si va quindi nella direzione dello sfoltimento e della semplificazione: una risposta ragionevole e in fondo inevitabile, a fronte della dimensione elefantiaca, prolissa e scarsamente produttiva di oggi.
E apprezzabile soprattutto è la struttura piramidale che si prospetta nell’informazione Rai: con una gestione unitaria a monte e tante antenne a valle sparse sul territorio, quelle della Tgr (i “corrispondenti locali”), che giocheranno un ruolo determinante in tutto il sistema così riconfigurato: la sua linfa territoriale. Ma la Tgr deve essere in grado di assolvere e valorizzare il suo compito, uscendo dal complesso di inferiorità (spesso autoinflitto) che l’ha tenuta talvolta ai margini del sistema informazione della Rai. Casi evidenti di tale situazione di irrazionalità aziendale si ripetono costantemente quando sui territori, per coprire eventi di rilevanza nazionale, si sovrappongono ai giornalisti della Tgr competente gli inviati dalle testate nazionali (una pletora di giornalisti con costi che lievitano). Secondo il luogo comune e la caricatura: i cugini di campagna e i loro colleghi urbanizzati.
La Tgr ha bisogno di crescere eliminando diversi ostacoli, anche in termini di penuria di organico (tanto più che dall’autunno ci sarà un Gr in più, alle 18.30). Continuano poi ad agire alcuni punti deboli nel sistema attuale, che frenano pesantemente le opportune esigenze rilanciate dal cantiere Rai Informazione. Aspetto fin troppo vistoso è tutto il comparto web della Tgr, che è rigido e respingente. I vari siti regionali sono obsoleti e totalmente privi di appeal: basti pensare che non è possibile scaricare i singoli servizi (permettendone così la circuitazione “virale”). Per non parlare del grande tema dei social network: da settembre sarà monitorato con apposito “rating” anche il traffico Twitter, che attualmente raggiunge livelli poverissimi (salvo sporadici casi), pur avendo grandi potenzialità nel comparto dell’informazione locale. Ancora una volta si ripresenta un problema ben noto: la Rai ha e fa tantissime cose anche sui territori, ma non riesce a valorizzarle.
C’è poi – il tasto è delicato e quindi va affrontato senza reticenze di corporazione – un rischio che aleggia sulle redazioni regionali e talvolta, in particolare, sui colleghi più anziani e abitudinari: quello, cioè, di una scarsa mobilità di orizzonti. E così il radicamento locale, da pregio che è, può in alcuni casi diventare un difetto serio: ovvero, miopia localistica. Insomma il giornalista locale, nelle sue posture più sclerotizzate, rischia di alimentare lo stereotipo di “provinciale”, che lo ha emarginato a lungo nella percezione aziendale e non solo.
Per fortuna nuova linfa è stata di recente iniettata nel sistema delle testate regionali, grazie alle selezioni interne che hanno permesso l’ingresso di una settantina di colleghi “giovani” (nello spirito, se non più all’anagrafe). A loro, mi pare il minimo, era richiesto anche di parlare inglese. Vorrei ricordare che se la destinazione finale del lavoro delle Tgr era e resta in buona parte soprattutto locale, oggi la dicotomia regionale/nazionale è priva di attualità: e la prospettiva d’azione, la motivazione e l’apertura delle redazioni Tgr, deve sempre essere (almeno) nazionale. Ora ce lo chiede la riforma della Rai.
E qui diventa fondamentale la formazione: il nostro Ordine ci impone di frequentare dei corsi? Ebbene, studiamo, come Usigrai, un percorso formativo ad hoc destinato ai “corrispondenti locali” nelle varie regioni. Non è solo una questione di cumulo dei crediti individuali e di eventuali (improbabili) sanzioni ordinistiche. La posta in gioco è molto più alta.