Censura: è questa la sanzione inflitta dal Consiglio di disciplina dell’Odg della Lombardia al
direttore responsabile di “Libero” Pietro Senaldi per il titolo “Patata bollente” che sovrastava, in
prima pagina, nell’edizione del 10 febbraio, una fotografia della sindaca di Roma Virginia Raggi. Un
titolo che aveva provocato una indignazione generale e per il quale le Cpo di Fnsi e Usigrai
avevano presentato un esposto chiedendo che fosse avviato un procedimento disciplinare.
«Esprimiamo soddisfazione per una decisione che certifica quanto a noi era apparso subito
evidente: nella scelta inaccettabile e sessista del titolo di Libero, il Consiglio di disciplina ha
ravvisato una “mancanza di grave entità” che è alla base della censura, la sanzione disciplinare
adottata. La dimostrazione che offendere la dignità della donna, da parte dell’informazione, è una
violazione della deontologia professionale», è il commento delle Commissioni pari opportunità di
Fnsi e Usigrai.
Il Consiglio di disciplina lombardo ha ritenuto che Libero “abbia voluto utilizzare una titolazione a
doppio senso” e che il riferimento sessuale fosse “esplicito e intenzionale”. Il Consiglio ritiene che
“il linguaggio manchi di continenza e che l’espressione utilizzata sia di per sé offensiva”.
Si è trattato di una “gratuita e immotivata aggressione della sfera personale e in una umiliazione
ingiustificata. Il linguaggio di un quotidiano a diffusione nazionale – si afferma nella decisione –
non può ricordare i titoli dei B movies anni 70”.
Il consiglio di disciplina definisce quel linguaggio “scorretto e triviale” e la sollevazione
dell’opinione pubblica significa, a parere del collegio, che è stato considerato “eccessivo e di
cattivo gusto”.
“Non si è più disposti – si legge ancora nella decisione del Consiglio – ad accettare che una donna,
qualunque sia il suo ruolo e la sua posizione nella società, debba essere sempre e comunque
valutata sotto il profilo estetico e sessuale: bella-brutta, disponibile-non disponibile, giovanevecchia”.
Il Consiglio di disciplina lombardo ha quindi ravvisato la responsabilità del direttore responsabile
Pietro Senaldi per i fatti a lui contestati e ritenuto sanzione adeguata la censura. Mentre ha
archiviato il procedimento nei confronti di del direttore editoriale Vittorio Feltri, non ritenendo
raggiunta la prova che sia stato lui a decidere del titolo “patata bollente”.