Il contributo di Nicola D’Angelo pubblicato sul sito di Articolo21 ha fatto chiarezza: trasmettere videomessaggi non è un obbligo. Men che meno in maniera integrale. Se non in casi specifici riferiti a organi costituzionali. E’ un richiamo forte alla responsabilità delle redazioni e dei direttori. Quindi se, come annunciato, dovesse arrivare un nuovo videomessaggio di Silvio Berlusconi, dovrà essere valutato secondo l’unico criterio possibile: la notiziabilità e l’interesse dei cittadini.
In sostanza, dovrà essere trattato come un qualunque altro comunicato che arriva nelle nostre redazioni. Compreso il diritto di replica a eventuali altri soggetti o organismi tirati in ballo. Chiarito questo, è il momento di ribadire con forza che noi giornalisti per primi dovremmo rifiutare e rigettare il metodo del videomessaggio. E’ la negazione del nostro lavoro: fare domande. La prima. E, soprattutto, la seconda. E’ una pratica inaccettabile quanto quella delle troupe mandate in giro senza giornalista – a volte anche a domicilio – a raccogliere dichiarazioni di esponenti politici.
Lo diciamo da anni. Lo abbiamo denunciato in riferimento a Beppe Grillo mesi fa. Lo ribadiamo oggi per Silvio Berlusconi. Un leader politico ha qualcosa di importante da dire? Convoca un conferenza stampa, accetta una delle richieste di intervista ricevute dalle diverse testate, si sottopone alle domande.
E’ la democrazia. E’ la libertà di stampa.
Vittorio Di Trapani
Segretario dell’Usigrai
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