Giancarlo voleva fare solo il giornalista, tutto qui. Voleva raccontare le cose che vedeva, tutte le cose che vedeva, quelle belle e quelle brutte, voleva anche capire fino in fondo i fatti che raccontava, e lo faceva con scrupolo, nonostante i suoi 26 anni.
Ma forse proprio per i suoi 26 anni, per l’educazione che aveva ricevuto in famiglia, per l’ esperienza sul campo che stava maturando nei suoi primi anni di professione, ha scritto troppo, ha scritto di piú. Ha superato un limite.
Qualche giorno fa in occasione dell’intervista che Raffaele Sardo mi faceva su Giancarlo per il libro ” come nuvole nere” riguardavo i suoi articoli e la rassegna stampa degli ultimi mesi del 1985. Era coraggioso Giancarlo, stava cominciando a svelare, con l’aiuto di un grande sociologo, Amato Lamberti, cose che all’epoca non erano note neanche ai magistrati. Era solo Giancarlo, quelle cose le scriveva solo lui.
Diventò un facile bersaglio. E ha pagato con la vita.
Ma chi lo uccise quella sera del 23 settembre 1985 non poteva immaginare che dopo 27 anni le iniziative che si svolgono in giro per l’Italia in suo ricordo sono sempre più numerose e la sua morte ha contribuito a far crescere una forte coscienza civile nei giovani di Napoli e della Campania.
La mafia non gradisce i giornalisti/giornalisti come fa dire Marco Risi nel film fortaspasc al caporedattore di Giancarlo,
La mafia teme chi racconta i fatti, chi svela i loro affari e in alcune zone del nostro Paese sono tanti i giornalisti che rischiano la vita per raccontare senza veli la realtà e non si sentono affatto eroi, ma solo giornalisti/ giornalisti.
Oggi ricordiamo quelli che sono stati colpiti ed è importante la memoria, é importante tenerne vivo il ricordo, ma vi chiedo oggi di non lasciare soli quei tanti giornalisti, spesso giovani come Giancarlo che ogni giorno raccontano, scrivono, rischiano e spesso vanno oltre quel limite.
Paolo Siani